Ringraziando Giulia per la cortesia e l’attenzione, vi riporto di seguito il testo dell’intervista attualmente non più presente sulla reta, in quando originariamente pubblicata sulla dismessa piattaforma Splinder.

Ecco le domande:

1) Come è nato in te l’amore della scrittura?
A 19 anni, dopo la maturità, ho sentito il desiderio di esprimermi in maniera del tutto differente a quanto avessi mai fatto prima. La scrittura era la chiave. Soprattutto perché, come diceva l’intellettuale francese Jules Renad, “scrivere è il modo migliore per parlare senza essere interrotti”.

2) Quali sono state le tue prime letture?
Ero letteralmente folgorato dalla poesia di un certo filone mistico-meditativo, divoravo ogni cosa avesse scritto Gibran e Tagore.

3) Parlami del tuo lavoro.
Ai lettori di questo blog il mio lavoro risulterebbe di sicuro poco interessante. E li capirei in pieno. Nell’essere bancario, infatti, non c’è nulla di artisticamente stimolante. Per cui, soprassediamo…

4) Che libro stai leggendo attualmente?
”Non buttiamoci giù” di Nick Hornby, un romanzo polifonico che mi sta divertendo e appassionando.

5) Cosa ne pensi del fenomeno letterario legato alla Trilogia di Millenium di Stieg Larsson?
Anche se non ho ancora letto la Trilogia (e forse non lo farò mai), credo che fenomeni letterari di questa portata siano semplicemente il frutto di un abile strategia di marketing. Senza nulla togliere alla qualità delle opere, sia chiaro. Peccato che, nel caso specifico di Larsson, ad arricchirsi saranno soltanto i suoi eredi e, soprattutto, il suo editore…

6) Quale è il tuo strumento di scrittura preferito?
Prendo appunti sulla mia Moleskine o dovunque altro capiti, ma rielaboro i miei testi esclusivamente davanti al pc.

7) Parlami del tuo metodo di scrittura.
È una domanda che richiederebbe una risposta molto articolata. Vi basti sapere che prima di affrontare la pagina bianca mi documento tantissimo. La scrittura necessita di conoscenza e consapevolezza, soprattutto quando decidi di cimentarti in racconti-inchiesta come ho fatto io negli ultimi due anni.

8) Quando non scrivi cosa fai?
Tutto il resto: ascolto musica, leggo, vado al cinema, sudo in palestra e, ogni tanto, mi innamoro…

9) Il libro più bello che hai letto.
Difficile dare un titolo solo. Al momento, mi viene in mente “Mao II” di Don DeLillo. Ma anche “Le correzioni” di Jonathan Franzen e “Sostiene Pereira” del nostro Antonio Tabucchi li metterei su un ipotetico podio.

10) Hai letto Ibsen?
No, mi spiace.

11) Ti piacerebbe scrivere testi teatrali?
A dir la verità, nel 2003 ho già scritto un copione teatrale di ambientazione gonzaghesca. È stata una bella esperienza cimentarmi con un testo che richiedesse un approccio completamente differente a quelli da utilizzare con il romanzo o la poesia.

12) Quale è l’opera di Shakespeare che più preferisci?
”Molto rumore per nulla”.

13) C’è un Luca Artioli omonimo in internet che effetto ti fa?
Nessun effetto, ce ne sono molti altri sparsi per l’Italia. E non solo. Quello di cui parli, è un fotografo professionista che si divide fra Milano e Miami. Ogni tanto ci scriviamo. Dovresti girare la domanda a lui, visto che è nato prima…

14) Pensi che Giorgio Faletti scriva da solo i suoi libri e a proposito di ghost writer cosa ne pensi?
I ghost writer rappresentano il lato oscuro di una passione (quella di scrivere) che dovrebbe avere sempre come focus finale la condivisione e la comunicazione. Le logiche di mercato, però, scelgono soprattutto la faccia di chi deve relazionarsi con il pubblico e molto spesso questa non coincide con quella di chi ha realizzato l’opera. Su Giorgio Faletti non mi esprimo, perché rispetto il lavoro di tutti e soprattutto perché non ho alcuna prova per confutare o suffragare quanto mi stai chiedendo.

15) Frequenti premi e concorsi letterari, ne hai mai vinti?
Ogni tanto qualcosa si vince, sì.

16) Cosa ne pensi delle scuole di scrittura come l’Holden di Baricco, le frequenteresti?
No, ma è evidentemente una mia opinione personale. Credo che per scrivere bene se ne possa fare anche a meno.

17) Quali autori emergenti italiani segnaeleresti?
Per quanto riguarda la narrativa, dico Cristiano Cavina, che con il suo ultimo romanzo “I frutti dimenticati” (Marcos y Marcos, 2008) è risultato a sorpresa tra i dodici finalisti dell’ultimo Premio Strega.
Nella poesia, invece, Francesca Pellegrino. È un’autrice tarantina, appena uscita con una silloge davvero apprezzabile, intitolata “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni” (Kimerick, 2009).

18) Che consigli daresti agli autori emergenti?
Ritengo di non aver ancora maturato un’esperienza tale da poter dare consigli a chi vuole cimentarsi nella scrittura. Credo che una buona dose di impegno e di divertimento siano elementi fondamentali per intraprendere questo cammino. Un cammino, però, che ci deve vedere sempre con i piedi per terra. Consiglio spassionato: non pensare mai di scrivere meglio degli altri…

19) Che rapporti hai con internet?
Lo uso con moderazione, anche se ormai è diventato indispensabile per aumentare le possibilità di farsi conoscere e di divulgare ciò che si è scritto. A tal proposito, vi invito a visitare la mia home page all’indirizzo https://www.lucaartioli.it.

20) Hai amici scrittori, li frequenti?
”Amicizia” è una parola impegnativa. Diciamo che ne conosco alcuni e qualche volta mi è capitato di mangiare allo stesso tavolo. Stop. Frequento, invece, i membri de “La Confraternita dell’Uva”, un gruppo di aspiranti autori mantovani-modenesi-bresciani-comaschi che ho fondato nel 2006 e con i quali ho recentemente pubblicato un’antologia di racconti sulle problematiche infantili (“Il rumore degli occhi”, Edizioni Creativa 2009).

21) Cosa pensi di facebook?
È il social network del momento, niente di più.

22) La crisi in Italia si riflette anche sulla mancanza di sovvenzioni per la cultura che rimedi suggeriresti?
Per il nostro Paese non basterebbe neanche la bacchetta magica, perché proprio chi fa politica (e quindi viene chiamato a fare scelte anche per noi) è il primo a non avere cultura. E per “cultura”, intendo il termine nella sua accezione più ampia, quindi non solo come amore per le arti in genere, ma come modus operandi quotidiano. Un rimedio? Non saprei esemplificare. Trovo incredibile, però, parlare con autori importanti come Elisa Biagini (“L’ospite”, Einaudi 2008) e sentirmi dire che nel suo periodo trascorso in USA ha potuto guadagnarsi da vivere con la poesia. Facendola e insegnandola nelle università. Qui, se provi a mettere insieme due strofe ti guardano strano.

23) Il rapporto tra cinema e letteratura quale film tratto da libro giudichi il migliore?
Senza dubbio “Seven”, di David Fincher.

24) Hai un sogno nel cassetto?
Trasferirmi in Irlanda.

25) Scrivere ti rende felice?
Mi fa essere me stesso, per cui credo di sì.

26) La fama, il successo quanto incidono nel tuo mondo interiore?
Non lo posso sapere, non avendo né l’una, né l’altro. Magari, un giorno, potrai rifarmi la stessa domanda e ricevere una risposta differente. Chi lo sa…

(20 settembre 2009)