Dalla prefazione di Vincenzo D’Alessio
[…] La trilogia di Luca Artioli, sospesa ed eternata nella nuova raccolta “La casa a cui vieni”, distende tre momenti della difesa del “ragazzo vecchio”, invitando chi legge ad accedere allo “sconosciuto alfabeto”, scaturito dallo sguardo sul mondo, rappreso nel codice verbale: “Sul tuo volto gli appunti e le / parole da mesi raccolti / dentro un quaderno, la foglia / tenuta tra le pagine di un libro.”(Dentro un quaderno, la foglia)
Eternare la sofferenza poetica nella parola; credere ferma- mente che il tempo umano non basti a significare l’eterno che ci pulsa dentro, che ci consuma e insegna a usare lo spazio e gli elementi come distanze dalla realtà che ci attanaglia: “Se indugi, se l’attimo passa e non è / volare, la realtà torna. Come pietra / a cui si cade accanto, fallendo.” (Salto migratorio)
Avvertiamo la poetica matura del Nostro come nata dalla frequentazione di grandi voci poetiche europee; pregna, nella ricerca, pura nei versi che svelano, prima all’animo del poeta, poi a chi legge, l’immensa energia che genera braccia che sorreggono nella caduta, dita che asciugano pianto e sudore: “(…) o la consonanza della poesia che sola / può contro l’ignoranza del sasso / cambiare il mondo, aprire le mani.” (Territori occupati)
[…] La forza dell’enjambement carica i versi di tutta l’energia vitale, che il poeta nasconde in sé fino al momento della pubblicazione, delle sue parole, in poesia. Versi asciutti, non aridi. Fonte sicura di rinnovamento necessario per aprirsi alle inside del mondo. Un mondo che sutura le sofferenze umane nell’unico atto vero, di sincera empatia, di voluto abbandono dall’egoismo che governa l’esistenza degli individui: ” (…) Chiedilo, allora. Chiedimelo. / Non alzare la mano. Non per il saluto. / Che sia diverso quel gesto del polso, / radici le tue dita e terra / terra e vaso la mia guancia.” (Resta)
[…] Luca Artioli aveva già tracciato, nella precedente raccolta “Suture” (Fara Editore, 2010) i cardini di orientamento della porta d’accesso alla sua casa natale, alla sua scrittura poetica, indicando, nei versi che seguono, la chiave: ” (…) e poi la casa, e poi il gesto che resta / il bacio di madre, e poi si cresce.” (Il gesto che resta). In questa nuova prova poetica l’Autore ha voluto guidarci in mare aperto, per riportarci alla tranquillità apparente di una casa aerea, priva di mura, immensa come il respiro dell’intero genere umano, e delle cose che lo circondano: “Eppure io, ogni cosa nel sogno / vorrei spiegarti, dire oltre / lo smarrito orientamento, ” (Delle fonti) […]
(continua…)
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Alcune poesie scelte dalla raccolta
SEGNALIBRO
Siamo qui, insieme, in quel
poco tempo che è il mondo,
io già col binario e il tuo sorriso
nella testa, tu appena un puntino
di treno, nell’ora perfetta.
Nulla è stato calcolato: né la conta
delle parole passate prima
allo specchio, né le geometrie
variabili della prossemica. Nulla
deve esserlo, nulla deve distogliere
dalla scelta che precede l’attimo
(ciò che accade è sempre necessario
mi scrisse qualcuno, in un giorno
di sole, come questo).
Per te, nel taschino della giacca ho
un segnalibro, l’idea che serva non solo
la memoria, ma la pienezza della
pagina, su cui un giorno tornare.
COME L’ACQUA
Ti ho vista nell’andare,
nella schiusa aerea del sole
(oltre le vele dei cirri)
e a nulla serviva sapere
che Baile Atha Cliath
– la città degli ostacoli –
sarebbe presto stata.
Tu eri già lì, come l’acqua che
scarta la barriera, non solo oltre
i chilometri, ma nella misura
d’un volo migratorio
per essere passo a passo
la spina e il rimedio,
la mia ultima, dolce, disperanza.
E SIAMO STATI COME CASE
Si dovrebbe, a volte
far finta di niente,
dire che non è stato
(che mai potrebbe),
ma poi dimentico
di dimenticare e tu
riappari nel corridoio
nella sera d’albergo:
quel tenersi un poco
la mano come a non
volerci soli per il troppo
chiedere al tempo,
il troppo disabitare.
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